Dunque la recessione economica causata dalla pandemia di coronavirus potrebbe essere addirittura peggiore di quanto temuto ed abbracciare tutto il 2021. Secondo stime convergenti di Ocse, Bloomberg e Cebr, il Covid-19 costerà 2.700 miliardi di dollari all’output globale. Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha definito la crisi sanitaria il più grande shock che il mondo abbia dovuto affrontare dalla seconda guerra mondiale.
Secondo Douglas McWilliams, la pandemia ha già fatto la prima vittima nell’ordine economico mondiale. Nell'ultimo mezzo secolo la globalizzazione si è basata fondamentalmente sull’arbitraggio del costo del lavoro e dei sistemi normativi. Semplificando, le multinazionali dei sistemi economici ad alto costo e altamente regolamentati dell'Occidente hanno delocalizzato parte delle produzioni a Oriente, per massimizzare i vantaggi derivanti da costi di produzione più bassi e regolamentazione più permissiva. Asserisce il Presidente del Cebr (Centre for Economic and Business Research) che la festa è finita. “La lezione per l’economia dalla crisi Coronavirus è che le lunghe e inflessibili supply chains che serpeggiano per mezzo mondo comportano ora rischi ingestibili per la sicurezza delle operazioni produttive”. Di conseguenza, è presumibile che il brusco risveglio a questo fatto della vita incoraggerà l'onshoring.
E’ però improbabile che il bambino della globalizzazione venga buttato via con l'acqua sporca del coronavirus. Le evidenze indicano che è già in via di formazione una nuova forma di globalizzazione, basata sulla tradizionale teoria della specializzazione e del vantaggio comparativo. Per il Regno Unito, già nel 2015, lo stesso McWilliams teorizzava in un saggio divenuto un best-seller, il ruolo della Flat White Economy, un mix tra i settori tecnologici e creativi che ha già formato il più produttivo cluster economico in UK, alimentando i servizi finanziari -- con il fintech -- e il manifatturiero avanzato -- con I.A. e robotica.
Ma l’economia è solo parte della crisi. Come nota Corrado de Rinaldis Saponaro “il coronavirus sta avviandosi a segnare una nuova Yalta”. Il segretario repubblicano ritiene che “alla fine della pandemia il mondo si sarà dato un nuovo ordine geopolitico”.
Secondo James Sproule, la seconda vittima della pandemia è infatti la Cina. L’economista interpreta la crisi di Covid-19 come un “momento Chernobyl”, che mina la credibilità della leadership politica di fronte ad un tentativo d’insabbiamento della verità. Mikhail Gorbacev fa risalire le crepe iniziali dell’Unione sovietica alla cattiva gestione dell’incidente al reattore nucleare ucraino del 1986. La dittatura comunista può anche mantenere il controllo sul dissenso interno. Ma, avverte Sproule, che ha servito come Senior Adviser del Primo Ministro, “questa crisi è un catalizzatore per gran parte del resto del mondo per guardare oltre i vantaggi a breve termine nel decidere chi coinvolgere nelle loro filiere di approvvigionamento strategiche”. A febbraio Boris Johnson ha fronteggiato un’offensiva nel partito contro il coinvolgimento di Huawei nella costruzione della rete 5G britannica. Data l’emergenza sanitaria, la questione è stata messa in frigorifero. Ma quando verrà riconsiderata, le possibilità di andare avanti con i cinesi sono quasi nulle. E tali decisioni non saranno limitate al Regno Unito.
Infine, anche l’Unione europea è arrivata ad un punto di rottura. La risposta di Bruxelles alla pandemia di Covid-19, ha messo a rischio l’intero edificio europeo. L'Europa ha fatto della difesa del mercato unico la linea Maginot del progetto comunitario. Ma davanti alla crisi, gli Stati membri hanno imposto il divieto di esportazione dei dispositivi di protezione, sospeso Schengen e il mercato ha cessato di esistere. E la chiusura di Germania e Olanda agli Eurobond ha fatto emergere l’importanza di aver mano libera su vincoli di bilancio, aiuti di stato e stampa di moneta in risposta alle crisi globali.
Abyssus abyssum invocat.
Redazione Italia Atlantica
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